L’art. 1 co. 1006 della Legge 205/2017 ha stabilito che: “alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31/12/2017, deliberati fino al 31/12/2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al DM 26 maggio 2017”. In altre parole, tali utili, anziché essere soggetti alla ritenuta d’imposta del 26% prevista dall’attuale regime (nel caso di soci persone fisiche proprietari di partecipazioni qualificate e non), continuano ad essere imponibili secondo le misure ridotte di cui al precedente regime (58,14%, 49,72%, 40% di concorrenza alla base imponibile IRPEF del socio qualificato percepente). Ebbene, come evidente dal tenore letterale della norma, e pacificamente condiviso dagli operatori (forti anche della conferma “indiretta” ricevuta dalla risposta 163/2022) codesto trattamento “di favore” noto come “regime transitorio” presenta come unica condizione l’avvenuta deliberazione (della distribuzione di utili) entro e non oltre il 31/12 prossimo, non richiedendo, come invece asserito in una risposta della Direzione Centrale di luglio e nella recentissima risposta ad interpello n. 454 del 16 settembre, che debba avvenire, entro la medesima data, anche l’effettiva distribuzione.
La questione non è di poco conto ed è destinata a determinare un forte disorientamento tra gli operatori alle prese con l’esigenza di pianificare le politiche di remunerazione delle compagini sociali. L’ultimo trimestre del 2022 rischia quindi di assumere le vesti di una “tempesta perfetta” per molte aziende già costrette a fare i conti con l’aumento dei costi di produzione e le fosche prospettive di crescita dell’economia.
In presenza di bilanci con rilevanti riserve di utili (ante 2018) non ancora distribuite, la variabile fiscale è destinata ad impattare gravemente sul portafoglio dei rispettivi soci.
In tale contesto di forte incertezza, pare utile ricordare che il “regime transitorio” sopra descritto non è in alcun modo applicabile ai dividendi conseguiti dagli enti non commerciali (ex art. 73 co. 1 lett. c. del TUIR) regolati dal Legislatore con il D.Lgs 344/2003 e rimasto indifferente alle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2018 (Legge n.205 del 27/12/2017) e dal regime transitorio collegato.
In chiave operativa, stante il quadro normativo sopra ritratto, appare evidente come la previsione di un trust (ente non commerciale) nella compagine sociale, in luogo dei soci persone fisiche, permetta alla società partecipata di pianificare con la giusta serenità la futura politica di distribuzione dei dividendi che, per la parte di utili realizzati fino al 31/12/2016 subiranno una tassazione del 18,65% (77,74% * 24%) mentre per i successivi, del 24%.
Ebbene, in assenza di una improbabile inversione di rotta da parte dell’Agenzia delle Entrate, pare lampante come il rischio fiscale maggiore potrebbe essere quello che i soci persone fisiche possessori di partecipazioni c.d. qualificate, si trovino a subire una tassazione secca del 26% su tutti i dividendi distribuiti a partire dal 1/01/2023 (a prescindere dal periodo di formazione degli utili) mentre il socio ente non commerciale possa subire la tassazione effettiva del solo 18.65% (sugli utili maturati fino al 31/12/2016).