Immigration&Relocation

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 32 del 19/01/2022, ha fornito nuovi chiarimenti circa l’applicabilità del Regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’ articolo 16, comma 1, del D.lgs. 147 del 2015.

La fattispecie analizzata vedeva una cittadina italiana, fiscalmente non residente in Italia per più di due periodi di imposta antecedenti al rimpatrio che rientrava in Italia per svolgere l’attività di lavoratore dipendente della società ALFA. In precedenza, l’interpellante aveva “intrattenuto dal 2014 un rapporto di collaborazione professionale con alcune società italiane del Gruppo, tra cui ALFA di cui è divenuta dipendente da gennaio 2021”.

La contribuente, nella sua disanima, dava rilevanza, fornendone ampio dettaglio, alla discontinuità “qualitativa” tra l’attività svolta in precedenza nella veste di collaboratrice e quella definita nel contratto di lavoro dipendente stipulato a seguito del rimpatrio.

L’Amministrazione finanziaria, nel rispondere, non si è invece soffermata su tale aspetto. A parere dello scrivente tale interpretazione è corretta ed aderente alla ratio legis ed alla lettera della norma.

Altra analisi invece deve essere compiuta nel caso di lavoratori che rientrano in Italia a seguito della conclusione di contratto di distacco. L’Agenzia delle Entrate, per i lavoratori distaccati, ha definito i margini di applicabilità nella Circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020 al paragrafo rubricato “7.1 Contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero” (a riguardo si veda anche la Circolare N. 17 /E del 23 maggio 2017).

Pertanto, nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate ha confermato l’applicabilità del regime speciale per lavoratori impatriati a condizione che vengano rispettati i tre presupposti di cui al primo comma della norma.

L’articolo 16, comma 1, Decreto legislativo del 14/09/2015 n. 147, attualmente in vigore, per effetto delle modifiche introdotte dal legislatore con l’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. Decreto Crescita) accorda i benefici di cui al regime agevolativo “al ricorrere delle seguenti condizioni:

  1. i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
  2. l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano”.

La risposta dell’Amministrazione Finanziaria, ultima di una lunga serie di risposte ad interpelli, aiuta a dipanare i dubbi applicativi della dottrina specialistica ed al contempo favorisce la vis attractiva della norma rispetto a molti lavoratori che nel corso del periodo pandemico hanno deciso di trasferire la propria residenza fiscale in Italia.

 

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